INTERVISTA A MAURICE WYCKAERT

di Sandro Ricaldone

 

W - Allora, che cosa ti interessa, a proposito di Jorn?

R - Per iniziare, vorrei sapere in che periodo l'hai conosciuto, in quali circostanze.

W - E' stato - mi pare - fra il '56 e il '57, più o meno, quando era da poco iniziata la vicenda dell'Internazionale Situazionista. Jorn era venuto in Belgio, a Bruxelles, dove esisteva un raggruppamento di artisti d'avanguardia, formato da giovani, che si chiamava "Taptoe"...

R - Esisteva anche una galleria che portava questo nome.

W - Sì, una galleria che era, insieme, un bar. L'idea era che se non si fossero venduti i quadri si sarebbe venduto invece da bere e che poteva darsi che il bere aiutasse a vendere la pittura... Alla fine, comunque, è stata la pittura ad avere la meglio sul bar. Lì ho conosciuto Asger, che mi ha parlato dell'Internazionale Situazionista e di una persona straordinaria che avrei dovuto assolutamente incontrare: Debord, che infatti ho conosciuto poco dopo. Così sono entrato nell'Internazionale Situazionista che era - come dire? - una specie di prolungamento del Bauhaus immaginista...

R - Dell'Internazionale Lettrista...

W - ... un prolungamento spontaneo, l'incontro di giovani che diventano amici, così come una pietra che rotoli, in qualche modo, sempre in avanti.

R - Facevi parte della redazione della rivista.

W - Certo. Ma era una faccenda abbastanza vaga, era una cosa che si faceva davvero collettivamente. Si diceva: tu ti occupi della Conferenza di Londra, tu di questo, tu di quest'altro. Se ad uno non andava un incarico se ne sceglieva un altro. Non c'era nessuna rigidità ma un dibattito intenso su come agire, su com unire la politica e la cultura. Il problema capitale era questo, nient'affatto semplice da risolvere. Si discuteva su quel che occorreva cambiare. C'era molta dialettica, un dinamismo vero, vitale.

R - Hai conosciuto i movimenti che hanno preceduto l'I.S., le loro figure carismatiche?

W - Alcuni sì. Di altri ho soltanto sentito parlare. Comunque la genesi dell'I.S. è stata una cosa abbastanza ibrida, giacchè l'Internazionale lettrista ed il Lettrismo stesso erano raggruppamenti di matrice prevalentemente letteraria (o filosofica), mentre il M.I.B.I. (Jorn e Gallizio), Constant, io stesso e il Gruppo SPUR eravamo prevalentemente dei pittori. Ed è stato proprio dai pittori che sono venute le complicazioni.

R - In che senso?

W - I pittori sono persone del tutto particolari. Ricorderete la vicenda della Comune di Parigi. A un certo punto si doveva decidere se bruciare o no il Louvre. Courbet disse di no e con i pittori, più o meno, si ripete sempre la stessa storia, la pittura ha la priorità.

R - D'altronde esistevano contrasti anche all'interno della cosiddetta "ala artistica", come quello fra Jorn e Constant a proposito dell'eredità di Cobra e della possibilità stessa di continuare a dipingere che si riflette in un articolo pubblicato sulla rivista dell'I.S. e nella replica, sostanzialmente a favore di Jorn della redazione.

W - Sì... adesso non ricordo. Comunque Constant (che uscì dall'Internazionale prima di Jorn, se non erro) si dedicava in quel periodo alla teorizzazione dell'"urbanisme unitaire". E' quindi plausibile che si sia creata una contrapposizione di questo tipo.

R - E circa le dimissioni di Jorn dall'I.S., cosa puoi dirmi?

W - Mah, penso che Jorn abbia voluto scindere in maniera abbastanza netta - considerato l'indirizzo, la fisionomia che l'I.S. andava assumendo - la sua attività artistica personale, che comportava per lui, per necessità direi professionali, un coinvolgimento con il mercato, con ambienti che a Debord non potevano che risultare sgraditi, dalla responsabilità di membro d'un gruppo che dveva seguire una via più radicale. Ad ogni modo non vi fu rottura, con Debord. Jorn continuò a finanziare l'I.S. ...

R - Ah, davvero?

W - Certamente.

R - E tu?

W - Per me non è stato molto diverso. Mi sentivo legato profondamente alla pittura. Era un interesse che non poteva non prevalere su qualsiasi altro.

R - In seguito, hai avuto occasione di incontrare nuovamente Jorn?

W - Sì, certo. Ci siamo ritrovati a Parigi, abbiamo anche lavorato insieme. E' stato un periodo molto bello per la nostra amicizia. Asger era all'apice della creatività, della sua arte. La sua maturazione era stata lunghissima: lo si è potuto veder bene nella mostra di Cobra, a Parigi.

R - Alludi ai quadri influenzati da Mirò, a quella serie intitolata "Titania"?

W - Già. Il vero grande pittore di Cobra è Constant, più che Jorn. Come quello dell'Internazionale Situazionista è forse Pinot Gallizio (ne ho visto recentemente alcuni lavori di proprietà di collezionisti, come Aldo van Eyck, che sono capolavori assoluti). Ricordo che Jorn mi diceva: "Tu sei lento Maurice. Questo è bene. Anch'io sono lento. Un vero pittore non può che essere lento..."

 

(1983)

 

 

 

 

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